Questi due interrogativi, di recente, hanno rappresentato una cornice importante di confronto tra clinici e professionisti esperti nell’ambito dei Disturbi del Comportamento Alimentare, che da anni operano secondo i modelli psicologici e di trattamento evidence-based (trattamenti sostenuti nella loro validità da evidenze sostanziali emerse nei decenni nell’ambito di studi clinici controllati e sull’esperienza di pazienti, familiari, ricercatori e medici). 

L’interrogarsi sulla validità dell’applicazione del modello della dipendenza come nuova concettualizzazione degli episodi di abbuffata è derivato dalla preoccupazione sulle ripercussioni che una tale concettualizzazione avrebbe potuto avere rispetto al trattamento di tale sintomatologia. Considerare le abbuffate come dipendenze, porta a trattarle con terapie di provata efficacia e validità? 

Gli episodi di abbuffata: il modello della dipendenza.

Negli ultimi anni, un filone empirico e clinico ha proposto di considerare gli episodi di abbuffata secondo il modello della dipendenza, alla luce di alcune caratteristiche comuni con i disturbi da uso di sostanze/ alcol, disturbi prototipici della dipendenza. Da qui, la conseguente proposta clinica dell’introduzione di una nuova terminologia, quale alimentazione compulsiva e dipendenza da cibo e dell’estensione delle specifiche terapie validate nell’ambito delle dipendenze anche agli episodi di abbuffata 

A supporto di tale modello di dipendenza degli episodi di abbuffata vengono individuate una serie di somiglianze tra le due macro-categorie di disturbi, le abbuffate e l’abuso di sostanze/alcol, somiglianze ricondotte a loro volta alla natura medesima dei processi fisiologici sottostanti questi disturbi. La teoria di partenza sostiene quindi la presenza di una vulnerabilità biologica delle persone che soffrono di abbuffate rispetto a specifici alimenti “tossici”, quali lo zucchero e gli amidacei, sviluppando così una dipendenza verso tali alimenti perché non in grado di controllare la quantità di una loro assunzione. È da questa vulnerabilità biologica che deriverebbero, secondo il modello della dipendenza, le seguenti somiglianze tra l’abuso di alcol/assunzione di sostanze e gli episodi di abbuffata:

  • Desiderio e impulso ad adottare il comportamento
  • Sensazione di perdita di controllo sul comportamento
  • Preoccupazioni ricorrenti sul comportamento
  • Uso del comportamento per modulare le emozioni negative e lo stress
  • Negazione della gravità del problema
  • Mantenimento della segretezza nei confronti del problema
  • Persistenza del comportamento nonostante le conseguenze negative
  • Ripetuto fallimento dei tentativi di interrompere il comportamento

Dal modello teorico fin qui descritto, deriva una specifica indicazione terapeutica: se gli episodi di abbuffata sono episodi di dipendenza, il loro trattamento dovrebbe basarsi allora sul Programma dei 12 Passi, programma applicato dai gruppi Alcolisti Anonimi o altri simili gruppi di auto-mutuo aiuto nei casi di persone con un disturbo di alcol/sostanze. 

Se applicato agli episodi di abbuffata, il Programma dei 12 Passi si discosta in modo significativo dalla terapia cognitivo-comportamentale (CBT) attualmente riconosciuta e raccomandata dalle Linee Guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) per il trattamento della bulimia nervosa e del disturbo da binge eating (disturbi caratterizzati dagli episodi di abbuffata). 

Facciamo degli esempi di confronto tra i due trattamenti

  • 12 Passi: gli episodi di abbuffata sono una malattia per la quale non esiste una cura; CBT: è raggiungibile una remissione completa del sintomo da parte della maggior parte delle persone (affermazione confermata da studi di follow-up a lungo termine sul trattamento della bulimia nervosa e del disturbo da binge eating).
  • 12 Passi: esistono alimenti sicuri o tossici, una persona è in controllo o fuori controllo; CBT: il pensiero tutto o nulla è un aspetto cognitivo che contribuisce al mantenimento delle abbuffate (il trattamento incoraggia a considerare una singola perdita di controllo sul mangiare come una “scivolata” e non una “ricaduta”, da cui si può apprendere come affrontare con successo in futuro una situazione simile ad alto rischio)

La domanda sorge allora spontanea: il modello della dipendenza, che si discosta così tanto da trattamenti psicologici evidence-based, è valido e utile clinicamente se applicato agli episodi di abbuffata?   

Come rispondere ai due interrogativi iniziali?

E’ vero che si possono individuare aspetti di somiglianza tra gli episodi di abbuffata e i disturbi da uso di alcool/sostanze, ma queste categorie diagnostiche differiscono tra loro per molti aspetti inerenti la psicopatologia, l’epidemiologia e i fattori di rischio:

  • Se gli episodi di abbuffata fossero una forma di dipendenza, dovrebbero essere caratterizzati dal desiderio e dal consumo di alimenti specifici; al contrario, l’aspetto caratteristico delle abbuffate è la quantità di cibo assunto, non la tipologia/specificità.
  • Le abbuffate sono egodistoniche, cioè le persone cercano di evitarle, mentre una dimensione importante della dipendenza da alcool/sostanze è proprio l’egosintonia. 
  • Le persone con abbuffate spesso hanno una psicopatologia specifica, ossia un’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo (come nucleo psicopatologico centrale dei DCA), che gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento del disturbo stesso. Al contrario, le persone con disturbo da uso di sostanze non hanno una questa psicopatologia specifica.
  • I Disturbi dell’alimentazione hanno un’origine multifattoriale (fattori di rischio individuali, familiari, sociali, relazionali, biologici…), pertanto le abbuffate sono il risultato di diversi meccanismi di mantenimento piuttosto che la conseguenza della dipendenza dal cibo.
  • Non c’è una relazione specifica tra abbuffate e uso di sostanze: il tasso di abuso di sostanze e alcol nelle persone che abbuffano è più elevato rispetto alla popolazione generale, ma è simile a quello delle persone con altri disturbi mentali. Allo stesso modo, il tasso di episodi di abbuffata è più elevato nelle persone con abuso di alcol e sostanze, ma è simile a quello delle persone con altri disturbi. 

Inoltre, gli approfondimenti empirici più recenti dimostrano che i dati neurobiologici relativi ad una vulnerabilità biologica tra gli episodi di abbuffate e l’uso di alcol/sostanze sono inconsistenti ( Paul Fletcher dell’Università di Cambridge). 

Alla luce di questi aspetti di differenziazione significativa tra gli episodi di abbuffata e i disturbi da uso di alcool/sostanze, nonché degli aspetti di specificità degli stessi, gli esperti concordano oggi nel ritenere di scarsa validità e utilità clinica il modello delle dipendenze se applicato agli episodi di abbuffata, sottolineando la necessità e il dovere clinico di impostare il trattamento degli episodi di abbuffata sulla base delle teorie e delle terapie psicologiche evidence-based, come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT). 

Riferimenti Bibliografici

Riccardo Dalle Grave. Episodi di abbuffata come forma di dipendenza: una teoria di scarsa validità e utilità clinica.

Fairburn, C.G. (2013). Overcoming binge eating (Second Edition). Guilford, New York.

Ziauddeen, H., & Fletcher, P. C. (2013). Is food addiction a valid and useful concept? Obesity Reviews, 14(1), 19-28

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Articolo a cura di Da Dott.ssa M.Galimberti  & Dott.ssa L.Carrara

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