Fa sempre piacere parlare di un autore contemporaneo Glenn Gabbard, psichiatra psicodinamico, sui cui testi oramai hanno studiato più di una generazione di terapeuti. Alcuni suoi classici sono considerati dei veri e propri fondamentali come Psichiatria psicodinamica e Violazione del setting.
Nel suo ultimo libro scritto con Holly Crisp, Gabbard affronta un tema a lui non nuovo: quello del Narcisismo. Lo fa con l’onestà di chi non si schiera a priori a favore di una teoria che è la migliore rispetto alle altre, ma parlando delle sue tesi in base agli studi e alle evidenze cliniche.
Oggi parlare di narcisismo va molto di moda. Ne parlano un po’ tutti ed è divenuto un termine spesso usato a sproposito ed un po’ troppo gratuitamente.
Chi se ne occupa da un punto di vista clinico sa che questo è un tema per un verso difficile, sdrucciolevole, dall’altro estremamente interessante e rappresentativo di come funzione la mente umana.
Possiamo dire che in psicoterapia troviamo due tipologie: da una parte le vittime di una relazione sentimentale finita male con un narcisista, con tutto un lavoro da fare sul senso di sfruttamento, sul perché ci si è lasciati sedurre da una persona così, sulla difficoltà a lasciarsi nuovamente andare e a fidarsi di qualcun altro, sui sentimenti di rabbia e vendetta da contenere e trasformare…;dall’altra, abbiamo la presa in carico e cura di un narcisista, con tutte le difficoltà che si hanno per costruire una relazione di fiducia, presupposto essenziale per creare quella alleanza terapeutica, modalità fondamentale per poter esplorare e lavorare in modo mirato sui nodi irrisolti, le strutture sottostanti, i congelamenti evolutivi, gli stili di attaccamento sviluppati.
Il libro di Gabbard è diviso in due parti. Nella prima sono trattati e sviluppati temi centrali per inquadrare il narcisismo. Si parte dal mito di Narciso descritto da Ovidio nelle sue Metamorfosi sottolineando come da parte dell’autore si parli di un mancato riconoscimento più che di amore verso se stessi, per arrivare a parlare della diagnosi di narcisismo in un’epoca di intersoggettività’, cioè non più di psicologia monopersonale, ma di lavoro terapeutico fatto in due e che si costruisce insieme, passo dopo passo.
Inoltre in quale contesto culturale viviamo oggi? È quello che Gabbard analizza quando inquadra il narcisismo in un mondo di comunicazione virtuale e di cyberspazio. Le ricadute sono molteplici. Basti pensare a quanto comunicare agli altri cosa si sta facendo e quanto ci si diverte a farlo, sembri più importante che godersi il momento vivendolo in maniera autentica.
Sempre nella prima parte vengono descritti i più frequenti stili relazionali nei pazienti narcisisti, le loro radici evolutive, il rapporto tra attaccamento e stile di personalità, il grado di mentalizzazione e le difese.
La seconda parte tratta delle strategie di trattamento. Nei vari capitoli andiamo dall’inizio della terapia, per esempio analizzando cosa porta in terapia un narcisista, da chi viene inviato, a temi centrali quali il transfert e controtransfert,
Vengono toccati poi, argomenti assolutamente pertinenti quali l’idealizzazione, l’identificazione con la vulnerabilità, l’invidia, la competitività, il disprezzo la svalutazione, il controllo onnipotente, il paziente che non sa o non vuole mentalizzare,
Infine l’ultimo capitolo è dedicato alla conclusione della terapia con questi Pz., momento questo come sanno i terapeuti, molto particolare e delicato.
C’è da chiedersi quanto l’essere immersi in un mondo rispecchiante, che cioè privilegia la visione rispetto l’introspezione, il “sight”, rispetto l’insight”, corrisponda a conoscere davvero se stessi.
Siamo tutti inseriti in una società orientata narcisisticamente. Il rischio per tutti è subirne il fascino, ma anche la deriva che porta, i soggetti in continuo rispecchiamento
, a non ri-conoscersi più, a perdersi, a smarrirsi e a rapportarsi con un riflesso di se’ e non con la propria più autentica identità .