(Articolo pubblicato su Temposport di ottobre 2021 dal titolo: ”Soli eravamo e senza alcun sospetto.”)

Una relazione tenuta nascosta richiama per i diretti interessati, un patto condiviso molto personale, intimo, che ricorda una sorta di giuramento che tiene unita con maggior forza la coppia che lo ha sottoscritto. Come se i due condividessero quella esclusività che nessuno deve conoscere, in una sorta di patto fondativo basato su una fedeltà e promessa unici.”

Amori clandestini: Galeotto fu…

Frequentare per un lungo periodo luoghi in cui si condividono degli spazi con altri, induce a formare, inevitabilmente e forse fortunatamente, delle relazioni. Queste possono essere sociali, opportunistiche, interessate, amicali ed anche amorose.

In ambito sportivo uno dei luoghi di frequentazione più importanti è la palestra, dove una o più volte alla settimana, si incontrano delle persone che da perfette sconosciute possono diventare amiche e sentirsi sempre più a proprio agio nel condividere i propri allenamenti. Recentemente una mia collega, sposatasi da poco, rispondendo agli auguri di una sua amica, le ha scritto:” grazie, forse non lo sai, ma io e mio marito ci siamo conosciuti proprio nella tua palestra”).

Effetto clandestinità

I recenti giochi olimpici, tra le tante suggestioni ed emozioni che ci hanno trasmesso, hanno evidenziato dinamiche affettive davvero uniche, tra le quali, per esempio quelle che si possono sviluppare tra l’atleta ed il proprio preparatore atletico. Sono relazioni amorose che spesso, per ragioni diverse, devono essere mantenute nascoste, determinando una sorta di “effetto clandestinità” rappresentando per chi le vive, una dimensione molto particolare. Sembra che questo aspetto, nell’immaginario collettivo, alimenti una curiosità quasi morbosa, che va al di là del fatto in sé e permetta un’esplorazione di significati più profondi che ciò evoca.

 Amori clandestini e relazioni nascoste

Una relazione tenuta nascosta richiama per i diretti interessati, un patto condiviso molto personale, intimo, che ricorda una sorta di giuramento che tiene unita con maggior forza la coppia che lo ha sottoscritto. Come se i due condividessero quella esclusività che nessuno deve conoscere, in una sorta di patto fondativo basato su una fedeltà e promessa unici.

Certo i motivi possono essere i più svariati. Non facciamo l’errore di pensare solo al caso dell’atleta famosa/o ed al suo allenatore, che per ragioni più che comprensibili, scelgono questa condotta. Li, probabilmente, le conseguenze per la carriera di uno dei due o di entrambi, nel rendere manifesta la loro relazione potrebbero essere molto pesanti. L’ambiente, infatti, non perdonerebbe mai e vedrebbe molto male per i più svariati motivi, queste unioni.

Ci si potrebbe chiedere perché ciò accada ancora, e credo, si possa rispondere, forse per mentalità ancora chiuse, moralismo, pregiudizi di varia natura. Sarebbe peraltro interessante fare uno studio per capire meglio, tutto questo, ma qui a noi, interessano altri aspetti.

La complicità di un amore clandestino

In realtà sono molto più numerose le storie d’amore e le relazioni che nascono nelle palestre, in piscina, nei campi da tennis, di atletica leggera e in tutti gli ambiti dove si pratica dello sport. A volte a complicare le cose (o ad accelerare i processi) ci sono i vincoli pregressi che le persone hanno in essere o perché sposate, o perché già in relazione con qualcun’altro.

Ci troviamo di fronte agli “amori clandestini”. Nessuno lo deve sapere, ma neanche vedere, sospettare, intuire. Assistiamo esternamente ad una messa in scena dove i due sono attori di una trama condivisa. Trovano in questa dimensione qualcosa che per alcuni, manca nella loro relazione ufficiale: la complicità. Quando vediamo in terapia coppie in crisi, in genere uno dei due partner evidenzia come mancando questo aspetto, non vi sia più quel sentirsi vicini e condividere quel senso del noi che caratterizza quella unione. La complicità, dunque, è una dimensione che attrae molto, che viene ricercata e che si vuole mantenere.

 

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Amori clandestini: tra divieto e godimento

Potremmo dire che la complicità fa da bussola alla relazione. Ma vivere la clandestinità in amore attiva in modo più profondo una sorta di godimento che fa circolare più libido. Forse ha a che fare con il divieto. Sappiamo che alcuni divieti soprattutto in ambito sessuale, sanciti dalla morale, prima che dalle regole che si danno tutte le società, attivino a livello inconscio desideri che portano a ricercare, nel loro contorto percorso, godimenti particolari e spesso insopprimibili.

Esiste poi uno spazio in cui uno dei due vive questa sorta di esclusività (so che tu sei mio e lo sappiamo solo io e te), come una forma molto forte di narcisismo che anche qui intercetta uno psichismo spesso fermo ad una fase che non si è ancora evoluta.

Uscire allo scoperto

Ma cosa succede quando si è costretti ad uscire allo scoperto? In quel caso in genere, inevitabilmente la funzione di specchio che l’altro svolge nei nostri confronti si rompe ed allora si va alla prova del nove: o nel vedere l’altro per quello che è e quindi scendere dal piedistallo dove ci eravamo messi, apprezzando ed amando davvero chi abbiamo davanti, oppure rimanendo sempre fissati in quella posizione, andando a ricercare altri specchi che svolgeranno l’identica funzione.

Qui uno dei due è in trappola e molto spesso, collude mantenendo la funzione di specchio, a cui egli stesso non riesce, non può, o non vuole fare a meno. Potremmo dire quindi che la clandestinità in amore, rafforza l’illusione di quel paradiso perduto e qui ritrovato, di un Eden che apre alla nostalgia di quella simbiosi, che è rimasta come traccia psichica indelebile, col proprio materno che, si riattiva proprio con la regressione amorosa.

Senso di solitudine nel vivere una storia clandestina

Chi vive dunque una relazione così, spesso riporta una sorta di senso di solitudine, rafforzato dal fatto che ulteriori supporti, appoggi, confidenze non possono essere messe in atto, mancando un’importante rete di sostegno. È il rovescio della medaglia, o il prezzo che si paga alla segretezza della relazione. Potremmo azzardarci a dire una specie di clausura a due.

In questo contratto amoroso fatto di esclusività e segretezza se da una parte viene vissuto un modo di condividere particolare la relazione, dall’altra i due amanti devono fare i conti con la rinuncia dall’essere visti come coppia, cioè come rappresentazione sociale di quello che ha a che fare con qualcosa inerente ad un embrione di gruppo (famiglia).

Questa rinuncia può avere due effetti: da una parte considerare l’unicità di questa relazione una sorta di recinto chiuso, dorato, una base apparentemente sicura, dall’altro il vivere la frustrazione di una solitudine che può sfociare o in una maggiore introspezione e quindi crescita soprattutto nel rapporto con sé stessi, oppure in un elemento depressogeno, dove alla fine uno dei due soggetti esprime l’esigenza di interrompere la relazione.

Luoghi psichici 

 Qui l’oggetto amato sembra divenire evanescente, sfumato, allontanarsi, tendere all’indifferenza, al distanziamento, “in sé”, o piuttosto “per sé stesso”, senza che questo disparire sia diretto contro il soggetto o contro qualche altro. Queste dimensioni psichiche ci raccontano quanto sia importante anche il luogo dove tutto ciò avviene. Certo, per esempio, la palestra dove avvengono gli incontri è un luogo fisico, ma esso pian piano, diventa nell’immaginario del discorso amoroso, un luogo psichico.

Qualsiasi sia la situazione oggettiva del luogo, il soggetto arriva rapidamente ad elaborare una conciliazione; egli si organizza. Il luogo si inscrive in un sistema di abitudini, di usi tattici, tollerabile. È come se ad un certo punto si benedicesse il luogo dove risiede l’oggetto amato. Ne sappiamo qualcosa tutti, quando a relazioni finite, ci rechiamo con nostalgia in quegli stessi luoghi e lo facciamo non solo mentalmente, ma spesso anche fisicamente. È come se quell’ imprinting facesse un po’ da richiamo nostalgico verso quella dimensione di cui avremmo ancora bisogno e ricerchiamo ostinatamente, anche se spesso sul piano inconscio.

O perché finisce con un fallimento, o perché prosegue allo scoperto, di queste vicende amorose, vissute nel segreto, nella clandestinità e nella condivisione, rimane il richiamo che spesso continua a lavorare da dentro e rende i soggetti non più adattabili a nuove storie. È come se a loro mancasse sempre qualcosa, che proprio perché irrealizzabile ed immaginario condiziona le loro vite per sempre.

Davanti a tali misteri dello psichismo umano, forse ancora una volta vale la pena ad affidarsi alle parole di Dante che ascoltando lo struggimento amoroso di Paolo e Francesca concluse:

“Mentre che l’uno spirto questo disse, l’altro piangea, si che di pietade io venni men così com’io morisse”.

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Riferimenti Bibliografici

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Lupinacci, M.A., Zavattini, G.C. (2004 b) La coppia come paziente. Relazione letta presso il Centro Psicoanalitico di Firenze, 12 marzo, 2004.

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