Il tema dell’amore non può rimanere un corollario o addirittura una marginalità per chi cura e scrive di psicologia. In fondo se ci pensiamo bene, si potrebbe parlare di una vera e propria branca di studio ed osservazione: la  psicologia dell’amore.

Dentro questo contenitore potremmo agevolmente parlare di temi quali il mal d’amore, le fissazioni, la dipendenza affettiva, il bisogno di essere visti, i tradimenti,le perversioni, tanto per citarne alcuni, prefigurando il costituirsi di una vera e propria psicopatologia della vita amorosa.

Una cosa è certa: parlare d’amore (https://m.youtube.com/watch?v=B5WECCEAIv4) implica sempre una apertura a quello che per ogni essere umano è il modo forse più alto per dare un senso compiuto alla propria vita. Ma parlare d’amore significa anche e forse, soprattutto, ammettere che quando esso entra nella nostra vita, ciò a cui andiamo incontro è un vero e proprio rimescolamento del nostro equilibrio, una  rottura della nostra integrità: prima ero intero ed è con l’amore che ora mi spacco. Sembra un paradosso, ma è proprio così.

Ciò avviene perché l’irrompere dell’altro, introduce nel mio essere l’esperienza della mancanza.

Andare oltre Il mito dell’androgino di Platone 

Visto da questo punto di vista, è un po’ come sovvertire il mito platonico degli androgini che diventati troppo arroganti, vennero puniti da Zeus con li taglio’in due metà. Avete presente? Sovvertire questo mito per molti, significa mettere in discussione la visione ideale ed anche un po’ troppo romantica di questo mito. Scrive Platone nel Simposio:

“Quando dunque la natura umana fu tagliata in due, ogni parte, vogliosa della propria metà le si attaccava, e gettandosi le braccia attorno, avviticchiandosi l’un l’altra, nella brama di fondersi insieme morivano di fame e in generale di inazione, perché nulla volevano fare l’una staccata dall’altra.

E ogni volta che una parte moriva e l’altra restava sola,questa superstite andava cercando un’altra metà […]. “

Ecco dunque da quanto tempo l’amore reciproco è connaturato negli uomini: esso ci restaura l’antico nostro essere perché tenta di fare due una creatura sola e di risanare così la natura umana.”

La costola di Adamo: il mito biblico per capire cosa ricerca l’uomo nella donna.

Se dunque il vero statuto dell’amore non è la ricostituzione dell’unità perduta, dell’uno, ma la formazione del due, dobbiamo partire proprio da qui per sottolineare le differenze che necessariamente, entrano in gioco, nel discorso dell’amore. Differenze che sono spesso alla base di sofferenze, incomprensioni, incomunicabilità. Sembra insomma che vi siano due visioni opposte, che fanno fatica a dialogare e ad integrarsi virtuosamente. 

Da una parte vi è la ricerca spasmodica, vitale, maniacale del segno d’amore da parte della donna. Per contro l’uomo è in genere più orientato sul pezzo, quasi a ricercare nella donna qualcosa che gli manca, un pezzo di sé’, che nel mito biblico è rappresentato simbolicamente dalla costola che Dio gli ha sottratto per creare la donna. Abbiamo dunque nella messa in scena del discorso amoroso una sorta di incomunicabilità tra due domande di desiderio apparentemente molto distanti, opposte: il segno d’amore da una parte e la ricerca del pezzo dall’altra.

Amare è far dialogare il segno con l’oggetto d’amore 

 Come se ne esce? Qui la risposta che principalmente ci viene dalla clinica, ma che può essere estesa alla vita quotidiana, è di far dialogare queste due parti , di dialettizzare insomma il rapporto tra il segno e l’oggetto. L’amore infatti è sempre amore per l’ eteros, cioè per l’altro, per il differente da me, per il difforme, per il non omogeneo e questo amore può svilupparsi in tutte le coppie al di là del loro orientamento sessuale.

Il lavoro che ogni uomo dovrebbe fare è quello di spostare il suo desiderio un po’ feticistico dal pezzo appunto, all’altro come soggetto del desiderio. In altri termini rinunciare ad amare il seno, le forme perfette, la scarpa… Sul versante opposto, quello femminile, il lavoro da fare è rinunciare al mantra che spesso viene ripetuto all’infinito del : “ma mi ami?” Se c’è un’idiozia femminile infatti è l’interazione  infinita di questa domanda a cui nessuna risposta è mai sufficiente. 

Anzi a volte non è più una domanda, ma una vera e propria esortazione, quasi una pretesa fuori contesto in un perentorio “dimmi che mi ami!”

Passione amorosa e accoppiamento 

Un’altra differenza fondamentale tra uomo e donna riguarda il modo diverso di vivere l’universo della riproduzione . Mentre per l’uomo la passione amorosa culmina nell’accoppiamento , la passione amorosa della donna inizia con l’accoppiamento e continua nel mettere al mondo un bambino.

Come scrive Franco Fornari : “La civiltà contraccettiva può anche dimenticare questa elementare verità, anche se parte da essa: ma le strutture affettive profonde, decise geneticamente,  non ne possono prescindere”. Mentre  la soddisfazione amorosa tende a indebolire nell’uomo il legame, nella donna lo fa nascere e lo rinforza.

Se allora l’amore è il luogo di una generatività profonda, il luogo del riconoscimento della mancanza dell’altro, io ti amo non perché mi manchi,ma mi manchi perché ti amo.

Bibliografia essenziale

Barthes R. Il discorso amoroso. Seminario a l’Ecole Pratique des Hautes Ètudes 1974-1976, 2007 Mimesis editore.

Benjamin J. Legami d’amore I rapporti di potere nelle relazioni amorose 2015 Cortina editore 

Fornari F. Carmen adorata. Psicoanalisi della donna demoniaca. Longanesi

McDougall J. Eros. La deviazione del desiderio 2007 Cortina editore

Norsa D. Zavattini G.C. Intimità e collusione 1997 Cortina editore

Platone Il simposio 1979 Piccola Biblioteca Adelphi

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