Cambiamento in terapia: ci siamo interrogati sulle domande più frequenti in chi decide di intraprendere un percorso di terapia.

Voglio cambiare questo aspetto di me ma cos’è il cambiamento? Come si fa a cambiare? Come diventerò?”. Proviamo  a dare una spiegazione, anche se non esaustiva, a questi interrogativi.

Il cambiamento nasce da un malessere, da una condizione che non ci fa star bene ( una relazione  finita, una delusione lavorativa, un desiderio disatteso, una abitudine nociva). Quando stiamo male, la sensazione  è di fare qualcosa per “ aver una svolta” in una situazione troppo difficile da tollerare.

Lavoro psicologico aiuta a comprendere perchè facciamo quello che facciamo

Frequentemente prima di cambiare un comportamento disfunzionale, un sentire nocivo , un pensiero dannoso per il nostro Sé, bisogna capire a cosa è servito farlo, pensarlo o sentirlo.  Il lavoro psicologico aiuta a comprendere perché facciamo quello che facciamo o pensiamo, intesi come  risultato di molti fattori inconsci che giocano un ruolo chiaro. Ognuno di noi sperimenta relazioni nutrienti o nocive, esperienze buone e cattive, ciascuno di noi  possiede una valutazione soggettiva delle proprie risorse personali,  tutti abbiamo un  grado di fiducia e capacità di poter comprendere la capacità di controllo. Tutti questi ingredienti vanno accolti, ascoltati e valutati nel processo di cambiamento. 

C’è chi inizia un cambiamento, altri non riescono proprio, altri ancora non riescono a tenere i cambiamenti costanti. Quante volte  ci siamo detti che dovremmo fare più attività fisica o mangiare in modo regolare e sano? Eppure, benché sappiamo che cambiare stile di vita potrebbe avere grandi benefici sul nostro benessere, non lo facciamo.

Non è una semplice scelta razionale fare un cambiamento ma è rischiare di scontrarci con vissuti potenzialmente spiacevoli e il giudizio e/o aspettative sociali. Alle volte quindi non basta aver la forza di volontà e non bisogna sentirsi incapaci se non si riesce a cambiare. Al tempo stesso bisogna considerare anche la possibile eventualità di un insuccesso, senza rischiare di perdere la fiducia nelle proprie capacità di cambiare.

Un lavoro su di sè: cambiamento in terapia

Il desiderio di cambiare implica un doloroso e faticoso lavoro su di sé in modo globale; spesso bisogna rivedere il proprio sentire interiore e il terapeuta è pronto ad aiutare la persona a mettere in discussione alcuni aspetti della propria identità. Ci si trova impreparati dal punto di vista emotivo e quindi bisogna essere seguiti in un percorso di terapia psicologico.

Prima di approcciarsi a un cambiamento, il mondo emotivo è colorato da diverse tonalità; vediamo i principali atteggiamenti nei quali ciascuno di noi si può riconoscere.

C’è chi prova uno stato di rassegnazione che impedisce di vedere la possibilità di cambiare.  La persona rassegnata non pensa di avere le risorse e le capacità, si sente di balia delle decisioni altrui e di non aver possibilità di decisione. In questo stato,  la persona  ha la tendenza ad attribuire le cause dei propri insuccessi al caso e alla sfortuna, come se non dipendesse da  se stesso.  Questo  atteggiamento passivo e vittimistico  non induce a cambiare ma conduce alla persistenza del proprio stato. Per altre persone emerge una sensazione di sconforto. La persona ha la sensazione di sprecare tempo ed energia  inutilmente. La persona rinuncia a ogni sforzo, si sente sotto accusa, fino a trovarsi in un atteggiamento di colpevolizzazione. Altri si trovano in uno stato di mancanza di consapevolezza, ma per cambiare è necessario conoscere i bisogni che permettono di agire in direzione dei propri obiettivi e desideri. Un’altra cosa che è importante sapere e che costituisce un grande ostacolo al cambiamento è che bisogna accettare di non poter cambiare gli altri per ottenere ciò che si vuole ma rinunciarci e sapere di poter cambiare soltanto se stessi. L’accettazione è l’unico atteggiamento  possibile per il cambiamento  in quanto consente di vedere oggettivamente in noi, le reali possibilità di cambiamento, accogliendo la realtà per ciò che è e accettando i tuoi limiti.

Come funziona il cambiamento: il processo

Il processo del cambiamento  non è  lineare ma è fatto a tappe, la cui progressione non è affatto  costante. Due autori americani,  Prochaska e DiClemente,  si sono ampiamente occupati del processo del cambiamento. Alla base del loro modello  sostengono che il cambiamento si sviluppi attraverso una serie di stadi:

  1. Precontemplazione. L’individuo è ignaro del problema e non ha intenzione di cambiare.
  2. Contemplazione. In questa fase si inizia ad avere una  parziale  consapevolezza del problema ma persiste un atteggiamento ambivalente nei confronti dello stesso;  la persona si trova tra il desiderio di cambiare e il timore per ciò che questo potrebbe comportare.
  3. Preparazione. La persona matura la decisione di fare qualcosa per cambiare ma è un momento delicato. La persona va rafforzata per evitare il rischio di tornare allo stadio precedente.
  4. Azione. L’individuo passa all’azione, attivando strategie concrete.
  5. Mantenimento. Le persone in questa fase hanno mantenuto il nuovo comportamento per un certo periodo e intendono continuare a farlo. L’obiettivo principale è quindi consolidare i risultati già acquisiti ed evitare possibili ricadute.
  6. Conclusione. Raggiunto questo stadio, il problema iniziale può essere considerato del tutto estinto.

Un aspetto da prendere in considerazione è che non si può pensare di cambiare tutto in una volta. Il cambiamento non è qualcosa di immediato e rapido ma si muove a piccoli passi, scardinando le abitudini  passo a passo.

Quali sono gli ostacoli al cambiamento in terapia

Ci sono tanti ostacoli al cambiamento , che non permettono il fluire del cambiamento. Proviamo a vedere alcune situazioni di stallo.

  • Non comprensione che bisogna cambiare. Alle volte non ci si rende conto che bisogna cambiare, soprattutto quando lasciare la zona di confort ci consente di rimane sicuri e tranquilli. Se non sentiamo ragioni di cambiamento, ci opporremo alla trasformazione.
  • Paura del cambiamento. Cambiare implica vissuti di ansia e paura, la capacità di tollerare l’incertezza di non sapere, la paura di non essere all’altezza , la paura di sentirsi giudicata rispetto alle proprie scelte.
  • Sensazione che le abitudini danno sicurezza. Rimanere attaccati alle proprie situazioni routinari è meno faticoso di affrontare situazioni nuovi, rimandano alla realizzazione di ciò che ci fa star bene.
  • Mancanza di fiducia e sensazione di fallimento.  Se  l’autostima non è adeguata, non possiamo aver fiducia nelle nostre potenzialità. Dunque, la convinzione di non essere in grado di adottare delle strategie diverse da quelle che si sono apprese fino ad ora, non permette di adoperarsi per cambiare.
  • Attaccamento alle abitudini. Le abitudini che tutti noi abbiamo non sono solamente dei comportamenti messi in atto ma anche modo di relazionarsi e modi di pensare o sentire.   Pertanto è bene rimuovere le parti bloccate inibite, disconosciute, alienate di sé che ostacolano le possibilità di effettuare un cambiamento
  • Paura del giudizio e aspettative degli altri. l’atteggiamento con il quale ci si approccia al cambiamento è influenzato dall’idea che prima o poi qualcosa cambierà da sé, per effetto di condizionamenti esterni, indipendenti dalla propria volontà.

Nella nostra pratica clinica accogliamo le persone per trovare assieme delle soluzioni nuove e creative, lasciando gli schemi disfunzionali che  impediscono l’adattamento alle situazioni che la vita presenta. Nel setting della terapia si ha l’occasione di sperimentare una esperienza emotiva correttiva, sperimentando in sicurezza, in un luogo caldo e protetto, qualcosa di nuovo.


 Bibliografia

Bandura, A. (1977). Self-efficacy: Toward an unifying theory of behavioural change. Psychological

Prochaska, J.O., DiClemente, C.C. (1982). Transtheoretical Therapy: Toward a More Integrative Model of Change. American Journal of Health Promotion, 12, (1): 11-12.

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