A tutti sarò capitato di sperimentare un evento traumatico nella propria vita, un lutto, una separazione dal proprio coniuge, un incidente.
Il tempo di elaborazione del trauma è molto variabile e talvolta il normale processo di elaborazione del trauma si inceppa, creando disagio notevole e interferenza nella propria vita. Ansia depressione, irritabilità e limitazioni nella propria vita sono i campanelli di allarme che le ferite del trauma si rimarginano a fatica. Il problema è quando si instaura un malessere di interesse clinico, il disturbo post traumatico da stress.
Il disturbo post traumatico da stress (PTSD, post traumatic stress disorder) è un disturbo mentale che si manifesta a seguito di un evento particolarmente traumatico, che irrompe nella vita del soggetto.
L’evento traumatico è un evento che ha messo in pericolo la salute e l’integrità fisica o psichica del soggetto che genera ansia frequente e intensa, depressione, ricordi emotivamente intensi e la presenza di immagini intrusive e disturbanti legate all’evento traumatico; il vissuto emotivo è così intenso che è come se si stesse rivivendo l’episodio traumatico.
Nello specifico, la persona con il disturbo post traumatico da stress, è stata esposta a un evento traumatico che ha messo in pericolo la propria vita, oppure un grave infortunio o un abuso sessuale in uno dei seguenti modi (DSM 5, APA,2013):
- Avere fatto una esperienza traumatica diretta
- Avere assistito ad una esperienza traumatica di qualcun altro
- Essere venuto a conoscenza di un evento traumatico accaduto ad un familiare o ad un amico
- Essere esposti più volte o in modo estremo a dettagli sgradevoli di un evento traumatico (questo criterio non si applica ad eventi o dettagli conosciuti attraverso televisioni, giornali o altro media)
La clinica ci dice che il disturbo post traumatico da stress non è l’unica reazione all’esposizione al trauma ma possono svilupparsi altri sintomi, come intensa paura, ansia, tristezza , senso di colpa, disturbi fisici o somatici, ,insonnia, disturbi gastrointestinali, mal di testa, alterazioni del sonno, problemi relazionali e comportamentali, come difficoltà sociali, uso di sostanze e di alcol che limitano notevolmente la qualità di vita sociale, lavorativa e affettiva della persona traumatizzata.
Alcune descrizioni del disturbo sono presenti nei test classici latini e greci ma lo studio sistematico del disturbo ha preso origine durante la prima guerra mondiale.
Già nel 1889 Pierre Janet si era occupato delle reazioni post traumatiche descrivendo la dissociazione come primo meccanismo usato come difesa dal trauma; le persone rimanevano bloccate e fisse al trauma, incapaci di integrare le memorie traumatiche.
La reazione ai ricordi del trauma erano risposte di emergenza sollecitate durante l’episodio originale ma che non avevano relazioni con l’evento attuale. Le vittime ancorate al trauma non erano capaci di apprendere dall’esperienza in quanto le energie erano rivolte al controllo delle emozioni connessi al trauma e non a vivere la propria quotidianità.
Janet stava già descrivendo il disturbo ma ci vollero anni affinché la comunità scientifica lo riconoscesse come una vera e propria patologia psichiatrica e lo inserisse come una entità nosografica autonoma.
Gli studi sul trauma e psicopatologia proseguono: le manifestazioni di sofferenza psichica indotta dal trauma e lo sviluppo di un disturbo cronico di origine traumatica sono qualitativamente diverse da una semplice esagerazione della normale risposta allo stress.
Il disturbo comincia a essere conosciuto e a diventare oggetto di ricerca.
Nel 1980 viene inserito nel manuale dei disturbi mentali (DMS III), a cura dell’Associazione Americana di Psichiatri (APA), come il risultato di una maggiore sensibilità della comunità scientifica al concetto di trauma e alla necessità di decodificare i danni che i soldati tornati dal Vietnam avevano subito.
I primi pazienti erano quindi vittime di traumi bellici. Successivamente la ricerca sul disturbo viene ampliata a partire dalla osservazione che la stessa sintomatologia poteva insorgere dopo l’esposizione a trauma di moderata entità, anche in episodi della vita quotidiana quali eventi autonomistici, violenza fisica e sessuale.
Il Disturbo Post-traumatico da Stress ha una prevalenza nella popolazione del 7,8 % (Kessler, 1995); Il 57% dei pazienti rimane sintomatico per più di un anno (Bresalu et al., 1992), e almeno un terzo non guarisce nonostante le cure. È più frequente nelle donne e nelle persone separate o vedove, e fattori di rischio per la sua insorgenza sembrano una storia personale o familiare di depressione e ansia, nevrosi, separazioni precoci.
L’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha finanziato uno studio multicentrico a livello europeo, condotto in diversi paesi europei, tra cui l’Italia, hanno mostrato che più della metà della popolazione italiana (56,1%) è stata esposta ad almeno un evento traumatico, con un rischio di sviluppare un PTSD che va dal 12,2% per gli eventi legati alla guerra allo 0,8% per la violenza sessuale (Carmassi, Dell’Osso et al., 2014 per le analisi del campione italiano).
Fattori di rischio del disturbo post traumatico da stress
La ricerca clinica mostra che non tutte le persone esposte allo stesso evento traumatico reagiscono allo stesso modo ma solo alcune sviluppano una sintomatologia di interesse clinico.
La gravità e la minaccia percepita del trauma giocano un ruolo chiave nello sviluppo del disturbo: maggiore è l’entità del trauma e della minaccia percepita, maggiore è la possibilità di sviluppare un disturbo post traumatico da stress (APA, 2013).
Nelle cause del disturbo si evidenziano alcuni fattori di rischio, che interagendo tra di loro, aumentano la possibilità che il disturbo compaia e si stabilizzi. Ad esempio
- fattori genetici, famigliarità,
- fattori personologici,
- traumi pregressi,
- sesso femminile,
- stress cronici ed eventi stressanti ripetuti,
- modalità di reazione al momento del trauma (fuga confronto e paralisi),
- precedenti problemi comportamentali,
- eventi di vita,
- il supporto ricevuto dopo l’evento.
Questi fattori di rischio si possono dividere in
- fattori pre traumatici, esistenti prima del trauma,
- fattori legati al trauma, caratteristiche del trauma in sé e per sé o della risposta immediata,
- fattori post-traumatici, connessi alla condizione della persona e/o del suo ambiente in seguito al trauma.
Il peso di questi fattori è diverso e rende vulnerabile la persona in modalità differenti.
Cambiamenti a livello fisiologico
Uno dei principali studiosi del trauma è Van der Kolk che nel 1996, propose che i sintomi del disturbo post traumatico da stress, potessero riflettere un malfunzionamento del cervello destro, noto per le funzioni di controllo e inibizione delle risposte emozionali.
In particolare sembra che la disfunzione dei lobi frontali, e nel sistema oribitofrontale, che si espande nell’emisfero destro e che controlla le risposte emozionali istintive sia coinvolto nel disturbo. I disturbi legati all’ espressione delle emozioni che caratterizzano il disturbo post traumatico da stress, fanno pensare che la loro origine possa essere determinata da un deficit della corteccia prefrontale nella modulazione della funzione dell’amigdala soprattutto della porzione destra coinvolta nei processi di paura e di freezing.
I sintomi del disturbo post traumatico da stress
Le manifestazioni del disturbo sono diverse a seconda della persona e delle entità del trauma. I sintomi sono distinguibili in alcune categorie ma soventemente la persona manifesta una combinazione di più sintomi: sintomi intrusivi, strategie di evitamento, alterazione del tono dell’umore e dei pensieri, aumento dello stato di attivazione psicomotoria.
- Sintomi intrusivi
I sintomi intrusivi riguardano le immagini relative all’evento traumatico: sono intrusive in quanto il soggetto non ha il controllo delle immagini che si presentano in modo involontario e disturbante, sia nella veglia sia nella notte, sotto forma di incubi o sogni altamente disturbanti. La persona può sviluppare anche reazioni dissociative come i flashback che portano il soggetto comportarsi e sentire come se stesse rivivendo il trauma con la conseguenza di sentire intensi e prolungati stati di disagio psicologico legato a stimoli attivanti interni ed esterni
- Evitamento
Spesso le persone affette dal disturbo usano strategie di evitamento per non entrare in contatto con luoghi, situazioni o stimoli che ricordino il trauma. Questa strategia comportamentale consente al soggetto di avere l’illusione di controllare la propria ansia ma in realtà comporta una riduzione importante della qualità di vita, portandolo ad evitare luoghi e contesti importanti.
L’evitamento deve essere iniziato a seguito dell’evento traumatico e può essere di due tipi: l’evitamento o gli sforzi per evitare ricordi, pensieri o sensazioni collegate all’evento traumatico o l’evitamento o sforzi per evitare persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti e situazioni che ricordano l’evento traumatico e che scatenano pensieri, ricordi e sensazioni sgradevoli.
- Alterazione del pensiero e dell’umore
Nelle persone con il disturbo post traumatico da stress compaiono anche sintomi di natura cognitiva ed emotiva che iniziano e peggiorano a seguito dell’evento traumatico: le persone possono non ricordare l’evento traumatico o un aspetto importante di esso (situazione di amnesia post traumatica) e sviluppare idee negative su ste stessi e sugli altri.
La persona può sviluppare idee distorte sulle cause e sulle conseguenze dell’accaduto fino a sentirsi in colpa e avere uno stato negativo persistente di colpa, vergogna, ansia e terrore. L’umore può subire dei cali importanti, con una tendenza al distacco e a non immergersi in esperienze positive e a non voler svolgere più le attività quotidiane. Le variazioni del tono dell’umore possono anche trasformarsi in un senso di irritabilità e di sentirsi sempre arrabbiati, con una conseguente attivazione psicomotoria fino comportamenti violenti e distruttivi.
Questo stato di attivazione, comporta alterazioni del sonno, attenzione e memoria, problemi di concentrazione, ipervigilanza e ottundimento emotivo.
Tutti questi sintomi possono essere particolarmente disturbanti e peggiorare sensibilmente la qualità della vita dei soggetti. Per questo è importante affrontare l’evento traumatico all’interno di un setting psicoterapeutico.
Nel disturbo possono anche essere presenti i fenomeni di depersonalizzazione e derealizzazione. La depersonalizzazione è la costante sensazione di non essere di non essere in contatto con sé stessi, come se ci si guardasse da fuori (ad esempio avere un alterato senso del sé o del proprio corpo). La derealizzazione invece è la sensazione di irrealtà del mondo circostante, come se ciò che viene percepito fosse irreale, distante o distorto.
Come curare il disturbo post traumatico
Non tutti gli eventi traumatici che accadono nella nostra vita portano necessariamente allo sviluppo di un disturbo post traumatico da stress, ma in alcuni casi il disagio psicologico causato da un trauma ha una risoluzione spontanea con il passare del tempo.
Quando i sintomi non si risolvono ma permangono in modo intenso, (il DSM 5 stabilisce un mese come periodo minimo per fare diagnosi del disturbo) allora la persona ha sviluppato un disturbo che deve essere riconosciuto e guarito tramite l’intervento di un professionista.
È fondamentale che la persona chieda aiuto quando avverte che un evento traumatico ha condizionato significativamente la sua via.
Aspettare a chiedere aiuto comporta un peggioramento dei sintomi e tende a far diventare il disturbo cronico. Iniziare una psicoterapia incentrata sul trauma è utile a ristabilire l’equilibrio nella propria vita.
Una delle tecniche di elezione per il trattamento dei traumi è l’EMDR, che facilità l’elaborazione dei traumi da parte dei pazienti, sfruttando stimolazioni bilaterali.
L’EMDR è solo una tecnica, ciò che più conta è iniziare un percorso di cura.
Se desiderate ricevere una consulenza da uno dei nostri specialisti, potete contattare il Centro Clinico di Psicologia di Milano, via Tiziano, 19 – 20145 Milano ( MM ROSSA BUONARROTI)
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Bibliografia
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Breslau N, Davis GC : Posttraumatic stress disorder in an urban population of young adults: risk factors for chronicity. American Journal of Psychiatry, 1992, 149, 671-575.
Carmassi, Claudia, Liliana Dell’Osso, Corrado Manni, Valentina Candini, Jessica Dagani, Laura Iozzino, Karestan C. Koenen, and Giovanni De Girolamo. “Frequency of trauma exposure and post-traumatic stress disorder in Italy: analysis from the World Mental Health Survey Initiative.” Journal of psychiatric research 59 (2014): 77-84.
Colombo, Pier Paolo, and Valentina Mantua. “Il disturbo post traumatico da stress nella vita quotidiana.” Rivista di psichiatria 36, no. 2 (2001): 55-68.
Frueh, Christopher, Anouk Grubaugh, Jon D. Elhai, and Julian D. Ford. Assessment and treatment planning for PTSD. John Wiley & Sons, 2012.
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Liotti, Giovanni, and Benedetto Farina. “Sviluppi traumatici.” Raffaello Cortina editore (2011).
Van der Kolk, Bessel A., David Pelcovitz, Susan Roth, and Francine S. Mandel. “Dissociation, somatization, and affect dysregulation.” The American journal of psychiatry 153, no. 7 (1996): 83.
Articolo scritto dalla dott.ssa Mirella Chiorazzo
Articolo bellissimo …molto chiaro …sono perfettamente d’accordo nel farsi aiutare ..ma quando vedi che dopo due anni di terapia la situazione non cambia le paure non passano …l’ansia neanche …come fare a trovare il punto per sbloccarle ????
Certamente Maria Grazia, il percorso di cambiamento a seguito di un trauma che abbiamo subito, è un processo lungo e difficile.
E’ necessario lavorare sui propri vissuti emotivi, capendo il motivo di tale ” blocco” per poter risignificare la propria esperienza all’interno del proprio contesto di vita.
Se aiutati in modo corretto, la risoluzione dagli eventi traumatici è possibile.